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Lo chiamavano “Don Slavina” - il prete dello sci ripido

20.02.2020   |  Corsi  |  Dolomiti  |  Racconti  |  Xmountain programmi

Lo chiamavano "Don Slavina"… ma all’anagrafe e in parrocchia aveva un nome più classico: don Claudio Sacco. Prete decisamente atipico (ma ce ne fossero!). Parroco di Mas-Peron, a Sedico, ai piedi delle Dolomiti Bellunesi. Sciatore estremo.

Se fosse stato uno scialpinista classico si sarebbe confuso tra la folla… e invece lui amava lo sci ripido! Il fatto che poi fosse prete lo rendeva ancora più famoso… anche se, a pensarci bene, non c’è un vero motivo per il quale un “don” non debba cercare quell’adrenalina data dai 50° e oltre di pendenza. Eppure anche noi siamo incuriositi dalla sua figura, e quasi ci sorprende più di un Heini Holzer.

Aveva cominciato negli anni ’70, decisamente un precursore, e nei decenni successivi aveva disceso per primo alcune pareti dolomitiche ora molto famose, come la Ovest della Tofana di Mezzo, la fessura Nord del Pelmo o il Cristallo, dove oggi il canale Vallencant è chiamato anche, in suo onore, canale del Prete. Il soprannome di “Don Slavina” veniva dall’abitudine di cercare di provocare le valanghe dall’alto, per scaricare il pendio prima di sciarlo.
Si racconta poi che spesso, nelle sue  prediche della domenica, dicesse che "le montagne, cattedrali di roccia e neve, sono le chiese più belle".

La sera del 2 dicembre 2009 era salito in cima al Monte Pore, a 2.405m, per gustare il panorama incantato della notte. E lì, travolto da una valanga, è rimasto, nel suo Paradiso.

Di lui ci piace ricordare come descriveva lo sci ripido. E ogni volta che ci affacciamo a un pendio ripido, ripido per davvero o forse solo dentro di noi, pensiamo che al bordo ci siamo arrivati per una nostra storia personale, perché, scriveva lui, “ognuno ha la sua storia”. E meditiamo che stiamo vivendo, di nuovo come scriveva lui, “sulle punte delle dita, con l’anima a fior di respiro”.  

Allo sci ripido…
Ci si arriva per caso. Ci si arriva per imitazione. Ci si arriva per competizione. Ci si arriva per gradi come su una scala. Ci si arriva, comunque. Ognuno ha la sua storia.
Non c'è filosofia o teologia del rischio o del limite: neanche poesia o letteratura. E' un'esperienza. 
Sopra c'è una emozionante tovaglia bianca, appesa a stendere. Ti fa voglia di pranzarci sopra. Di fronte c'è un canale verticale, logicissimo, provocante. Quasi ti ferisce. Non resisti.
Lontano c'è una cima tra le nuvole e ti domandi che fa lassù da sola. E bussi alla sua porta e ci provi.
Spesso sotto c'è un bel salto da evitare, aggrappato agli angeli, o una pendenza impossibile. Ti avvicini, la tocchi, la provi e senti che ce la fai.
Ti sei allenato, hai preparato il materiale, hai avvisato amici del fatto, ma tutto questo è solo cornice ad un addomesticamento del luogo e un adattamento delle tue forze. Un rito, un corteggiamento, un incontro.
In quelle solitudini il linguaggio è essenziale, i pensieri elementari, le persone che ti fanno compagnia nel cuore, quelle poche e vere.
E giù.
Con tutte le incognite da risolversi in attimi, con la vita sulle punte delle dita, con l'anima a fior di respiro.
[...]
Dalle piste si osservano sotto le nuvole i ricami dello sci estremo. Ma chi sarà mai sceso di là? Un angelo? Forse un pazzo. Sentirselo dire fa sorridere e diventare bambini.

Don Claudio Sacco

 

Anche noi sciamo pendii estremi... cerchiamo di trasmettere questa passione attrverso un bel CORSO DI SCI RIPIDO. E chissà che lungo qualche canale non stia rincorrendo la nostra scia proprio Don Claudio Sacco!

Foto: Giovanni Zaccaria