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Nicola Tondini si racconta

09.01.2017   |  Interviste

La nostra guida alpina Nicola Tondini traccia un bilancio degli ultimi 5 anni, tra progetti conclusi ed altri ancora in cantiere. In tutto questo tempo non sono mai venute meno determinazione, tenacia e voglia di mettersi in gioco, da soli e in team.
Il risultato? La realizzazione di vie davvero grandiose, sulle quali i giochi sono ancora aperti… e con la consapevolezza che i sogni sono fatti per essere realizzati.

“16,30, 30 Dicembre 2016, Monte Cimo 6° tiro, presa buona con la mano destra. Il duro boulder è superato, ora mi basta alzare la mano sinistra mollando il terribile bidito verticale, sistemare i piedi e... e accidenti la mano destra non stringe, non stringe…
È dalle 9 di mattina che stiamo lottando sul nostro grande progetto: 2 giri sul primo tiro, 2 sul secondo, 2 sul terzo; il quarto e il quinto tiro corrono via veloci, ma ora sono al secondo giro su questo ultimo filtro. Nicolino Sartori il secondo tentativo se l’è giocato… forse io ho una speranza in più, il boulder l’ho passato tutto…. Ma quella mano non stringe più…. Mugolo, Nicolino mi incoraggia il più possibile… mugolo, digrigno i denti e vedo pian piano la mano aprirsi… ed eccomi per aria all’altezza della sosta.
Io e Nicolino ci guardiamo, scoppiamo a ridere… abbiamo lottato con tutte le energie!  Volevamo provare a concludere l’anno con la ripetizione completa di “Viaggio su Plutone” in versione soft (versione soft = spezzando il tiro chiave in due tiri: un secco 8a e un bel 8b: la somma dei due la gran classe di Nicolino l’ha chiusa in un Sabato di fine Novembre. Io per ora in continuità ho solo accarezzato 10 volte la presa chiave). Per la versione soft ci mancava solo quest’ultimo filtro: un tiro boulderoso intorno alll’8b, il 6° appunto. Poi l’ultimo tiro, un facile 6a+, sarebbe stato fattibile anche con la frontale. Un risata, appeso nel vuoto al calar del sole, con i crampi nelle braccia: chiudo così il mio anno arrampicatorio 2016. Contento per tutto quello che mi è stato concesso di vivere in parete insieme ai miei compagni di cordata e per tutto quello che attraverso la montagna ho potuto anche quest’anno imparare.
Tornando giù per il ripido sentiero che scende dal Monte Cimo all’abitato di Brentino, guardo le luci delle auto che corrono lungo l’auto-brennero, guardo il fiume Adige, che tranquillo scorre verso la pianura e lascio fluire i pensieri lungo i progetti verticali di quest’anno… nessuno concluso, ma tutti con una porta aperta verso il futuro”.

“Il 2014 e il 2015 anni erano stati pieni di alti e bassi e non ero più riuscito a tornare ad arrampicare ai livelli degli anni prima. Tra il 2010 e il 2013 oltre ai tanti progetti chiusi (Menhir, Quo Vadis, Colonne d’ercole, Testa o Croce, Destini Incrociati, Tra Nuvole e Sogni e le invernali a Capitan Sky hook e Kein Rest von Sehnsucht), mi ero portato ai miei limiti personali nell’apertura di vie: con l’idea sempre chiara di voler aprire rigorosamente dal basso, in libera e senza mai ricorrere all’artificiale o a resting su cliff. Sia sul Monte Cimo che in Dolomiti avevo messo le basi per 3 progetti futuristici, futuristici almeno per me. Così alla fine del 2013:
– con Nicolino Sartori, dopo aver terminato l’apertura di “Viaggio su Plutone”, stavamo assaporando il momento di chiudere i conti con la rotpunkt
– con Andrea Simonini  e Ingo Irsara avevamo superato in apertura le due sezioni più dure lungo l’immensa parete della Cima Scotoni: tutto in libera e solo con protezioni tradizionali (chiodi, nuts, friends): gli spit facevamo il loro dovere solo in alcune soste
– con Luca Montanari avevo portato avanti la linea più incredibile del Monte Cimo, quella che corre al centro della pala strapiombante che sovrasta il diedro di Capitani Coraggiosi e all’ultimo assalto prima di capodanno eravamo arrivati a metà del quarto tiro, il tiro chiave.

Poi il 30 Dicembre una caduta sugli sci e la spalla comincia a dare problemi e mi costringe ad un fermo di 5 mesi. In estate una caduta mi fa zoppicare qualche mese. Riprendere il livello non è così semplice. Nel 2015 è la volta della schiena, e per quanto ogni tanto metto le mani sui vecchi progetti, il verdetto è senza riserve: non ci siamo, non ci siamo. Arranco e le possibilità di riuscita rimangono lontane.
Ogni tanto in quei due anni penso che sia meglio iniziare a puntare a qualcosa di più facile, darsi obiettivi meno esigenti. Pensando ai progettoni là sospesi: che ci vadano i giovani forti a liberare quelle vie!. Pensieri che mi assalgono e che contemporaneamente voglio respingere.

Poi eccoci al 30 Dicembre 2015: giusto un anno fa. Torno con Luca Montanari su quell’ultimo spit messo due anni prima a metà del quarto tiro. Da un mese mi pare che le braccia e tutto il corpo sia tornato a funzionare bene e la testa è motivata a rimettersi in gioco. Mi dico: dai proviamoci! E così dopo 3 ore di tentativi riesco a mettere lo spit successivo e lasciarmi alla spella quella sezione che pensavo destinata alle dita di qualcuno di più forte. La via la termineremo io, Luca e Lorenzo D’Addario a fine Maggio.

L’entusiasmo sale a mille: “Sull’orlo di un duplice abisso” sarà il suo nome. Facciamo ancora in tempo a liberare i primi tiri, poi arriva il caldo. Nel frattempo anche su “Viaggio su Plutone” succede qualcosa: in una giornata con aderenza perfetta ci manca niente per chiudere il tiro chiave. Nicolino cade in continuità (versione completa) molto alto. Io appena sopra, ma nella versione soft. Non eravamo mai andati così bene.

Passata l’estate lavorativa in Dolomiti, cresce forte la voglia di mettere le mani anche sul 3° progetto lasciato in sospeso: la direttisima alla Cima Scotoni. La via è terminata già da due anni, ma non avevo più trovato lo slancio mentale di provare la rotpunkt. A fine settembre trovo un valido compagno in Luca Gelmetti: ci prendiamo due giorni per provare ad andare il più alti possibili. Il primo giorno al terzo tentativo riesco a fare la rotpunkt del primo grande filtro il 3° tiro. Poi proseguiamo fino a terminare con la frontale il 10° tiro. Il giorno dopo entrando dalla prima cengia facciamo agevolmente 4 tiri successivi per poi passare quasi 3 ore a provare a mettere insieme le sequenze del quindicesimo tiro sullo strapiombo più accentuato di tutta la parete. Mi gioco un secondo giro dando il massimo, ma appena prima del difficile dinamico mi esplodono le braccia. Continuo poi fino in sosta ma con un ulteriore resting verso la fine della lunghezza di corda.

Gli allenamenti continuano, vorrei potermi giocare un’altra chance, ma riesco a tornare solo a fine Ottobre con Federico per fare la rotpunkt degli ultimi 5 tiri (l’ultimo non è distante dall’8a). Gli sforzi dell’autunno rimangono concentrati al 95% su Viaggio su Plutone. Solo dopo Natale con Lorenzo ci regaliamo una giornata piana sulla pala e sui primi movimenti del tiro chiave, la cui rotpunkt fa presagire qualcosa di veramente duro.

Torno a concentrarmi sul sentiero. L’aria è ricca dell’euforia mia e di Nicolino. Come con Lorenzo e Luca rientrando dai rispettivi tentativi, si assapora la consapevolezza di aver dato tutto, di non essersi tirati indietro, di aver voluto continuare a sognare.
In tutte le cose, non si può mai accontentarsi, puntare al minimo. Se ci si ferma, non si rimane fermi, si torna indietro. È così nella famiglia, nelle relazioni con le persone, nella conoscenza interiore di se stessi, nel lavoro e anche nell’arrampicata e nell’alpinismo”.